IL “MESTIERE” DI ESSERE DONNA OGGI

Oggi si parla molto della condizione della donna, dei suoi problemi, delle sue aspirazioni e dei suoi tentativi di realizzarsi e di dare un senso alla propria vita, al di là dei ruoli tradizionali di moglie, madre, oggetto sessuale.  

La donna è alla ricerca di se stessa, vuole capire chi realmente è, e cerca di esprimersi in modo autonomo e di realizzare qualcosa in prima persona.

Uomini e donne oggi

Oggi noi ci troviamo in un momento tutto particolare. Se prestiamo attenzione risulta particolarmente visibile che uomini e donne manifestano caratteristiche tipiche (per cause culturali e storiche) della parte opposta , e non riescono a capire cosa stia succedendo: le donne sono maschili e gli uomini sono femminili.

Gli uomini sono diventati “maschilisti” dimenticando il maschile vero e le donne si sono dimenticate molto spesso della loro dimensione femminile.

E questo perché “l’ascolto introverso” è sparito assieme al tempo per riflettere, che è uno spazio molto importante cioè  il flettersi della mente su se stessa, il suo ripiegarsi per comprendersi.

Riferimento fondamentale, per fare chiarezza, è la psicologia analitica di Jung.

C. G. Jung riconosce nell’uomo la presenza attiva di un principio femminile (Anima), così come la presenza di una parte maschile nell’interiorità della donna (Animus).

  • Anima significa: Eros (o amore), legame, unione, protezione, affettività, cura, mantenimento, insieme e deriva dalla madre.
  • Animus significa: Logos (o ragione), riflessività, controllo, analisi, ponderazione, razionalità, calcolo, decisione, programmazione, distinzione e deriva dal padre.

Quindi nella donna c’è una componente maschile (Animus); e nell’uomo c’è una componente femminile (Anima),entrambe da recuperare e focalizzare.

La nostra cultura da sempre ci ha dato una dimensione dell’essere uomo e dell’essere donna completamente diversa: l’uomo se a cavallo, fa l’eroe, la donna invece bada alla casa e ai figli.

Che cosa significa oggi vivere come donna?

Sulla linea del pensiero junghiano “esistere” come donne è possibile solo se il “femminile” che è in lei saprà accettare il maschile ossia l’uomo che c’è dentro di lei ed amarlo.

Spesso però per le donne è difficile esprimersi, tanto in ambienti lavorativi quanto in quelli famigliari, perché guidate archetipicamente da un innato istinto di modestia, passività e riserbo che le mantiene sullo sfondo cercando di arrivare all’obiettivo per vie traverse senza fare rumore (leggi il mio articolo “EMOZIONI E SENTIMENTI FEMMINILI“.
Ma c’è anche una parte che le spinge a perseguire il loro scopo al pari degli uomini diventando aggressive, autoritarie e testarde in modo indisciplinato.

E’ probabile che nell’attuare la loro emancipazione, le donne, poiché per anni sono state zittite e compiacenti, condannate e scoraggiate in nome di una rispettabilità femminile, oggi mettano in atto atteggiamenti in cui prevalgono la reattività e l’aggressività.

Mala nostra cultura scoraggia l’aggressivitàspecialmente quella femminile-, sostenendo e alimentando così, nella donna, il pregiudizio della superiorità maschile (l’uomo può, anzi deve dimostrarsi aggressivo) e ponendo le basi della sua condizione di “vittima”, con tutto il masochismo che ne consegue.

E allora predomina in esse la dinamica di competizione con il maschile che molto spesso si vede nelle “donne in carriera” che vorrebbero non solo giungere ad essere come l’uomo, ma a superarlo nelle prestazioni e nelle competenze lavorative. Spesso e in molte circostanze si vede e si coglie l’intenzione di “superare” l’uomo durante una conferenza, la stesura di un articolo, un intervento chirurgico, una ricerca scientifica, un ragionamento … c’è eccome, perché nelle donne ritorna l’esigenza antica di essere riconosciute e stimate.

Conclusioni

Oggigiorno vivere come donna sembra essere qualcosa che si deve imparare faticosamente, come un mestiere, perché siamo un insieme di caratteristiche personali, famigliari, femminili, storiche e materne in interazione tra loro.
Mi sembra di poter affermare che riuscire a scoprire la propria esistenza di donna sia intrinsecamente legato ad un “lavoro personale”, e cioè uno sforzo individuale che renda trasparenti e significative le nostre esperienze, la nostra realtà, i nostri quotidiani vissuti. Siamo noi donne, dice la filosofa Michela Marzano , a dover

“imparare a fare a meno del riconoscimento degli uomini e aiutarci vicendevolmente per cominciare a riconoscere il valore di quello che facciamo e di quello che siamo”.

Michela Marzano

Non ho la pretesa, attraverso questo articolo, di consigliare alle donne “come devono fare” o “cosa è giusto fare”. Al contrario. Per secoli gli uomini lo hanno fatto, abusando del loro potere. Per secoli, gli intellettuali hanno preteso di sapere al posto delle donne che cosa le donne avrebbero dovuto fare o non fare. Per quanto mi riguarda, desidero solo, attraverso gli studi psicologici, in particolare quelli analitici, decostruire alcune immagini e chiarire alcuni meccanismi per sostenere le donne, me compresa, nel viaggio impegnativo chiamato individuazione.

Credo che l’esito di una crescita femminile completa non può essere in alcun modo di tipo intellettuale, ma deve cercare radici negli strati più profondi emozionali e affettivi del femminile in cui si incontra anche la parte maschile.

La nostra vita viene così illuminata da questa presa di coscienza, una luce simile a quella della luna, che esprime, secondo Neumann l’identità nella coscienza femminile.

BIBLIOGRAFIA:

JUNG Carl Gustav (1927), La donna in Europa, in Civiltà in transizione: il periodo fra le due guerre, Opere X, Tomo I, Torino, Boringhieri, 1985.
JUNG C.G. (1961), Sogni, ricordi, riflessioni, a cura di Aniela JAFFÉ, trad. G.Russo, Milano, BUR Rizzoli, 2012.
HARDING Esther, La strada della donna, Roma, Astrolabio, 1951.
MARZANO Michela, Sii bella e stai zitta, Milano, Piccola Biblioteca Mondadori, 2012.

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