
Quando una donna è nervosa, arrabbiata o se esprime il suo disaccordo in modo concitato, è consapevole che prima o poi si sentirà dire in modo automatico: “Hai le tue cose?”.
Spesso queste frasi sono accompagnate da un’altra parola, che si trascina appresso secoli di pregiudizio, pseudoscienza e misoginia: “isteria”, una malattia che per molti anni è stata usata in psicologia per spiegare alcune condotte e sintomi soprattutto del genere femminile.
Il termine viene dal greco Hystera, utero, classificata da Freud fra le nevrosi di transfert, con punto di fissazione alla fase edipica, e con la rimozione e la dissociazione quali meccanismi di difesa caratteristici. Freud scrive, con Breuer, un testo alla fine del secolo scorso intitolato Studi sull’isteria, nel quale la diagnosi formulata è che l’isterica soffre essenzialmente di reminiscenze (ricordi che si mantengono senza che si sappia che si tratta di ricordi) a carattere sessuale, cioè ricordi di abusi sessuali sprofondati nell’inconscio. Tali ricordi sarebbero quindi rimasti dormienti nell’inconscio fino alla maturazione sessuale. Il risveglio sessuale avrebbe riattivato il trauma, non in forma di consapevolezza dell’evento, ma in forma di sintomo somatico.
L’ interpretazione di questi “fatti” a cui arrivò Freud fu che i traumi sessuali infantili non erano ricordi di fatti veramente avvenuti, ma erano “fantasie di seduzione […] tutte di natura penosa, idonee a provocare gli affetti della vergogna, del rimprovero, del dolore psichico, della menomazione, e nell’insieme tali che si preferirebbe non averle vissute”.
Nella “Lezione 33. La Femminilità” Freud scrive “quasi tutte le mie pazienti mi raccontavano di essere state sedotte dal padre, ma alla fine dovetti convenire che questi racconti non erano veri, e imparai così a comprendere che i sintomi isterici derivano da fantasie, e non da avvenimenti reali”. Quindi le isteriche soffrivano di fantasie sessuali incestuose inconsce e che fosse proprio il carattere proibito di queste fantasie a creare la rimozione e i sintomi isterici.
In altre parole, le isteriche non erano più da considerarsi come le vittime di seduzione sessuale, ma erano così diventate esse stesse le “seduttrici” nel senso che erano le autrici inconsce di fantasie di seduzione, generalmente nei confronti del padre.
Le pazienti tipo erano vedove o nubili, cioè le donne che non avevano rapporti sessuali abituali. A molte donne veniva prescritta la “rest cure”, la cura del riposo: venivano segregate in casa, a letto, spesso isolate, al buio e prive di qualsiasi stimolo per mesi. Le più sfortunate, che magari erano epilettiche o depresse, venivano confinate in manicomio, oppure sottoposte a trattamenti scellerati come l’isterectomia o l’iniezione di varie sostanze nell’utero.
Tale ipotesi non trova che labili sostegni nel materiale clinico riferito, il quale attesta piuttosto che il disagio isterico femminile, all’epoca, muoveva da una protesta inconscia contro i ruoli tradizionali attribuiti alla donna – di figlia sottomessa alla volontà paterna, di moglie incline a soddisfare i desideri del marito, di madre a tempo pieno, di infermiera degli anziani, ecc. – che venivano vissuti, particolarmente a livello di un ceto sociale elevato, come mortificanti l’autorealizzazione. Si tratta di una condizione psichica che non deriva tanto dal fatto contingente che le isteriche abbiano o non abbiano subito abusi sessuali, ma piuttosto dal fatto che le isteriche in quanto donne soffrono in una cultura patriarcale in cui il sesso femminile è stato marginalizzato e silenziato nel corso dei secoli.

Diciamo che le isteriche sono donne che non si sono adattate a questa condizione sia perché più sensibili, più intelligenti, più ostinate o perché il loro vissuto è stato particolarmente traumatico. Poiché le isteriche non hanno le parole per parlare di sé, parlano la lingua dell’altro. L’altro nel corso dei secoli è stato il medico, il prete, lo psichiatra e infine lo psicanalista. Freud ha scambiato un aspetto della repressione culturale gravante sulla donna – quella sessuale – come se esso fosse il più importante. Fin dall’inizio, dunque, la psicoanalisi, per quanto le intuizioni originarie appaiono ancora oggi profonde e per alcuni aspetti geniali (soprattutto in riferimento all’inconscio che funziona come una seconda personalità), appare gravata dal conservatorismo ideologico di Freud e da un orizzonte culturale troppo ristretto sulla dimensione psicologica per cogliere i nessi tra di essa e la storia sociale.
Oggi il termine isteria, non è più utilizzato nel linguaggio psichiatrico ufficiale, infatti dal 1987 l’isteria è stata eliminata dall’elenco ufficiale delle malattie psichiatriche redatto dall’American Psychiatric Association (DSM-III-R) e questo significa che da un punto di vista medico non esiste più, ma sostituito dalla categoria di “depressione” o di “schizofrenia”. Il termine però viene ancora usato nel linguaggio comune per descrivere in senso derogatorio i comportamenti eccessivi e irrazionali di alcune donne.
Basta pensare ai luoghi comuni sulle mestruazioni, che ci vorrebbero tutte impazzite per cinque giorni al mese, intente a lanciare oggetti fuori dalla finestra finché un uomo non ci passa, a debita distanza, una confezione di Buscofen. Tra chi più cautamente ci definisce “dolcemente complicate” e chi incastra il femminile in una visione a senso unico di nevrosi, aggressività e desideri repressi (come se gli uomini non fossero soggetti a questi stessi atteggiamenti), sono ancora molti a credere che la psiche e la personalità femminile siano guidate dagli “ormoni e dagli istinti misteriosi”.
L’isteria è stata uno strumento di potere per sancire una volta per tutte l’inferiorità intellettuale, fisica e morale della donna. Ma soprattutto per rinchiuderla, controllarla e patologizzarla. Per secoli è stato più comodo dire “isteria” anziché indagare le più complesse sfumature della salute mentale.
Dott.ssa Vania Munari
Psicologa
BIBLIOGRAFIA
Sigmund FREUD, Studi sull’Isteria e altri scritti, in Opere 1(1886-1895), Curatore C. L. Musatti, Torino, Bollati Boringhieri, 1989.
Sigmund FREUD, Lezione 33. La Femminilità, Introduzione alla Psicoanalisi, cit., Roma, Grandi Tascabili Economici Newton, 2010, p.416.
DE CARNERI Marina, “Il diavolo in corpo: l’enigma dell’isteria”