
Il nostro sguardo sul mondo, il nostro modo di stare con gli altri è fortemente “condizionato” dal tipo di relazione di attaccamento che abbiamo vissuto da piccolissimi, in primo luogo con la madre.
Il modello di riferimento indiscusso è la teoria dell’attaccamento elaborata da John Bowlby nel 1951 e successivamente approfondita da Mary Ainsworth e Mary Main.
La teoria dell’attaccamento presuppone che gli esseri umani hanno una predisposizione innata a formare legami di attaccamento con persone significative e che queste relazioni esistono dalla fine del primo anno di vita fino alla morte.
Andiamo con ordine.
Cos’è il legame di attaccamento
Il legame di attaccamento si struttura nei primi mesi di vita, fino ai 5 anni, con la figura (persona) che si occupa del bambino, che solitamente è la madre.
La qualità di questa primaria esperienza determina la sicurezza d’attaccamento del piccolo, in base alla sensibilità, disponibilità e salute mentale del caregiver (persona che presta le cure, prevalentemente la madre, nei primi mesi di vita).
Ma come è possibile?
Nel bambino si formeranno modelli operativi interni (MOI), che andranno a definire i comportamenti futuri e le relazioni significative.
I modelli Operativi interni
Si dice che le persone ripropongano spesso situazioni già vissute. Sono stati svolti numerosi studi a favore dell’idea che questo avvenga anche per i comportamenti di attaccamento. Gli adulti ripropongono i modelli di relazione interiorizzati nell’ infanzia grazie ai modelli operativi interni, ovvero
rappresentazioni mentali che contengono un grande numero di informazioni, su di sé e sulle figure di attaccamento. Tali rappresentazioni mentali conducono le modalità di comportamento in quelle situazioni in cui il soggetto si prende cura di un altro e gli offre protezione, oppure quando è lui a prendersi cura di un altro.
I modelli operativi interni si riferiscono ad una rappresentazione interna del mondo, della figura di attaccamento e di se stesso a seconda della relazione vissuta con la figura di attaccamento.
Sì, sin dall’infanzia, quindi tutti i bambini già dai primi mesi di vita, noi compresi.
Secondo la teoria dell’attaccamento i primi legami vengono interiorizzati dal bambino e rielaborati in modelli operativi interni che vanno ad influenzare le esperienze successive le quali potranno essere interpretate sulla base di rappresentazioni interne di sé e degli altri.
Tali schemi interiorizzati del bambino possono continuamente essere ridefiniti sulla base dei cambiamenti della realtà esterna e della relazione con la figura di attaccamento che muta con il tempo e con lo sviluppo.
In particolare, le situazioni in cui un soggetto adulto riattiva i propri modelli operativi interni è quando diventa genitore o quando vive una relazione d’amore con una persona proprio perchè, in queste circostanze, diventa oggetto o soggetto di cura. (Per approfondire leggi il mio articolo “Amiamo come siamo stati amati. L’effetto degli stili di attaccamento nella scelta del partner”)
Ma quali sono i possibili legami di attaccamento? Vediamoli.
Tipi di attaccamento
Attaccamento sicuro
La madre è presente, in grado di rispondere ai bisogni di conforto e protezione del figlio; in questo modo il bambino con attaccamento sicuro sa di poter accedere alla protezione della madre quando vuole e quindi è desideroso di esplorare il mondo e allo stesso tempo di ritornare alla sua base sicura nel momento in cui gli si presenta un “pericolo” (per esempio l’avvicinarsi di un estraneo). Grazie alla presenza stabile della madre, il bambino matura un’immagine di sè come di un bambino degno di amore perchè si sente accolto, contenuto e accompagnato nell’esplorazione del mondo.
Attaccamento insicuro-evitante
La madre si dimostra sensibilmente propensa a ignorare o respingere le richieste di vicinanza del bambino. Adotta una mimica rigida o che esprime la volontà di tenere il figlio a distanza. Il piccolo matura un’immagine di sé priva della capacità di suscitare nell’altro risposte positive e affettuose, perchè la madre (o chi per essa) è indisponibile alle richieste di aiuto e vicinanza.
Sono bambini che imparano a inibire le loro emozioni e che non si sentono amabili e desiderabili; come conseguenza il bambino evitante tenderà a disattivare l’attaccamento verso la madre e successivamente a iper-esplorare l’ambiente circostante.
Il guaio è che l’indifferenza e il mancato contenimento della madre non permette al bambino l’elaborazione dei sentimenti negativi nei suoi confronti (rabbia, rifiuto, dolore, etc.) che si trovano scissi da quelli positivi (amore, affetto, accoglienza, etc.). Questa situazione tende a fare incanalare al bambino i sentimenti negativi in ambito sociale (ribellione, contestazione, aggressione), oppure a rimuoverli per difesa.
Attaccamento insicuro-ambivalente
Le madri dei bambini con attaccamento ansioso-resistente sono imprevedibili e rispondono alle richieste del figlio in modo non costante. In questo modo il bambino si sente a volte amabile altre volte rifiutato e quindi mette in atto una strategia di controllo serrato sulla madre: infatti questi sono bambini in difficoltà ad esplorare l’ambiente e anche a separarsi dalla loro figura di attaccamento. Tale comportamento può essere causato da una madre che è stata ambivalente, talvolta rifiutante, talvolta ipercontrollante e intrusiva. I bambini così, non potendo fare previsioni circa il suo comportamento, imparano ad adottare un comportamento ipervigilante verso la madre, quindi si attaccano a lei temendo l’abbandono.
Attaccamento insicuro-disorganizzato
E’ presente una profonda sofferenza della madre ( o chi per essa) per effetto della mancata elaborazione di un lutto o di gravi eventi traumatici nelle relazioni con le sue figure di attaccamento. Si tratta di madri immerse in un doloroso e/o spaventoso mondo interiore. Questo stile di attaccamento origina da gravi eventi traumatici (violenza, maltrattamenti, abusi), che generano personalità borderline o psicotiche. Di conseguenza i bambini manifestano comportamenti paradossali e disorganizzati di vicinanza e lontananza insieme per l’inconciliabile bisogno di essere vicini alla madre e, allo stesso tempo, con il bisogno di allontanarsi per paura.
Bene!
abbiamo visto quali sono i tipi di attaccamento e immagino abbiate captato anche il vostro, ora vediamo le conseguenze.
Conseguenze del legame di attaccamento
Con lo sviluppo, l’attaccamento così formato con la figura primaria (caregiver di riferimento), si estende e si modella attraverso la relazione con altre figure, sia interne che esterne alla famiglia, fino a definire un aspetto tipico e stabile.
Nell’adolescenza e nell’età adulta l’individuo si separerà dal caregiver primario per legarsi a nuove figure di attaccamento.
Tuttavia sarà proprio sulla base dell’esperienza infantile che la persona costruirà le sue previsioni di quanto egli possa essere accettabile/inaccettabile agli occhi delle nuove figure di attaccamento o di quanto queste nuove figure potranno essere accessibili e responsive, se egli si rivolgerà loro per chiedere aiuto e ricevere attenzione, comprensione e sostegno nei momenti difficili, soprattutto nei legami di amore (coppia, famiglia).
Da questa struttura psichica dipende sia la fiducia che le figure di attaccamento siano in genere facilmente disponibili, sia la paura che non lo siano, in modo più o meno intenso.
In sostanza replichiamo gli stili relazionali interiorizzati nell’infanzia.
Amiamo come siamo stati amati.
Quindi è importante che il legame di attaccamento si sviluppi in maniera adeguata, poiché da questo deriva un buono sviluppo della persona a dei suoi rapporti futuri.
Se si manifestassero in età adulta stati di angoscia e tristezza per l’incapacità di mantenere una relazione o di migliorare il legame con i figli è possibile possano derivare dal proprio vissuto infantile con la figura di riferimento, poichè questo ha dato l’imprinting alle nostre relazioni future, costituendone il modello.
Lo psicologo può aiutare a migliorare la qualità dei ricordi attraverso l’incontro con la sofferenza, quello che ci è mancato e quello che avrebbe dovuto esserci. La relazione di sostegno può curare le ferite dell’anima attraverso la comprensione della situazione di sofferenza in un viaggio alla scoperta di sé.
Dott.ssa Vania Munari
Psicologa
BIBLIOGRAFIA
Attili G., Attaccamento e Amore, Il Mulino, Bologna, 2004.
Attili G., Ansia da separazione e misura dell’attaccamento normale e patologico, Edizioni Unicopli, Milano, 2001.