I ragazzi hanno bisogno di educazione emotiva e adulti autorevoli: chiedono più relazione e meno valutazione.

Il titolo di questo articolo è ispirato dalla canzone di Sfera Ebbasta “Mademoiselle” (leggi il testo) ed ho volutamente modificato il testo, senza alterarne il contenuto, proprio per passare il messaggio importante che la canzone stessa trasmette.
LA canzone cita:
“Ti do il benvenuto in Italia
Il paese di chi non ci mette mai la faccia
Se tuo figlio spaccia è colpa di Sfera Ebbasta
Non di tutto quello che gli manca…”
Senza entrare nel merito delle vicende terribili che hanno interessato il cantante, mi limito solo ad usare parte del testo come incipit per parlare dei nostri adolescenti. Senza arte né parte rispetto la tragedia accaduta, perché questo non è il mio obiettivo né il mio interesse.
Le critiche ai giovani
I GIOVANI … sempre criticati, giudicati, paragonati alle passate generazioni, etichettati , colpevolizzati, svalorizzati. Sempre sbagliati per i genitori, incapaci per gli insegnanti, certificati per i medici …
“Questo sembra scemo, sembra che non arriva all’uva…
Un esorcista ha detto che gli faccio paura
Ma qui è la stessa storia da anni…
E no, non voglio dire nulla di sbagliato
Ma anche se non dici nulla qua comunque ti sbagli”
Insomma…
“Qua tutti puntano il dito,
uh, mademoiselle
Perché fumo, perché bevo, perché spendo ‘sto cash ”
ma nessuno che prova a mettersi in discussione, nessuno che prova a fare un passo in più verso la comprensione globale del loro vissuto. Nessuno che “ci mette mai la faccia” appunto.
Chi?
Noi adulti, i genitori, noi educatori, noi famiglia.
Da anni lavoro con adolescenti fragili, prima in Comunità, poi sul territorio e ora anche privatamente nel mio studio e mi sento di dire che un adolescente “in condizione di disagio”,” in crisi”, “a rischio” non è altro che un adolescente che sin dall’ infanzia ha vissuto delle mancanze o provato dentro di sé solitudine, destando preoccupazioni in famiglia, ansie. L’adolescenza arriva dall’ infanzia, quindi se una è stata turbolenta, l’altra lo sarà (o lo sarà stata) altrettanto.
Pertanto non centrano la musica, il disordine in camera, i brutti voti o le bocciature, le risposte scontrose, la distanza emotiva verso i genitori, i vestiti che indossa, la svogliatezza. C’è altro dietro. E dobbiamo metterci in discussione, “metterci la faccia” appunto senza “puntare il dito”, perchè la responsabilità è anche nostra.
Cosa c’è dietro?
Gli aspetti del disagio adolescenziale e giovanile secondo molti autori possono essere interpretati come espressione di una domanda non patologica (o non ancora patologica) inerenti i problemi psicologici e affettivi, le difficoltà familiari e di relazione, le difficoltà in ambito scolastico, il più generale malessere esistenziale connesso agli squilibri che il processo di costruzione dell’identità produce.
Il disorientamento, l’incertezza, a volte il disagio, che caratterizzano l’adolescente nella ricerca di una sua identità e collocazione sociale, si attenuano man mano che il giovane percorre il proprio itinerario formativo, acquisisce sicurezza e trova un suo posto in mezzo agli altri.
Per alcuni adolescenti questa ricerca può avvenire in modo più “tumultuoso”, con la messa in atto di comportamenti a rischio (guida pericolosa, assunzione di droghe, attività sessuali promiscue e non protette, comportamenti autolesivi,..) che possono essere l’espressione di un disagio più profondo.
L’identità si costruisce a partire dal riconoscimento dell’altro. Se il riconoscimento manca, l’identità si costruisce altrove, in tutti quei luoghi, scuola esclusa, dove è possibile ottenere riconoscimenti. Se poi fuori dalla scuola e dalla famiglia resta solo la strada, sarà la strada a fornire quei riconoscimenti. Sesso e droga cominciano ad apparire come forme esasperate di riconoscimento e solo con gli amici della “banda” i nostri ragazzi hanno l’impressione di poter dire davvero “noi” riconfermandolo in quelle pratiche di bullismo a sfondo violento.

Perché?
I giovani devono confliggere per separarsi dai genitori e così individualizzarsi, ma spesso questo processo non può avvenire in famiglia dove, l’autorità non esiste più o è esageratamente coercitiva, e così si ribellano con la polizia, scatenando nel quartiere, allo stadio, nelle città la violenza contenuta in famiglia.
E questo perché oggi l’educazione emotiva è lasciata al caso il tutto condito da un acritico consumismo, reso possibile da una società sfarzosa, dove le cose sono a disposizione prima ancora che sorga quell’emozione desiderante, che quindi non è sollecitata a conquistarle, e perciò le consuma con disinteresse e snobismo in modo individualistico. I giovani sono più soli e più depressi, più rabbiosi e ribelli, più nervosi e impulsivi, più aggressivi e impreparati alla vita, perché privi di quegli strumenti emotivi indispensabili per dare avvio a quei comportamenti quali l’autoconsapevolezza, autocontrollo, empatia, senza i quali saranno sì capaci di parlare, ma non di ascoltare, di risolvere i conflitti, di cooperare.
Adolescenti di ieri e di oggi
Gustavo Pietropolli Charmet racconta di un adolescente nettamente diverso rispetto al passato. Gli adolescenti del passato erano intrisi di un senso di colpa rispetto alla ricerca del piacere e dell’affermazione personale, da qui erano nati la contestazione e l’attacco a quelle istituzioni che difendevano questo stato di cose.
La nuova generazione adolescenziale, invece, che sia in sofferenza oppure in una situazione di normalità, non si preoccupa più della colpa, del padre, dello stato e quindi delle regole. Siamo di fronte a un giovane che ricerca il successo, la bellezza, l’affermazione a tutti i costi del proprio io, dei propri progetti.
Ma per fare ciò diventa necessario avere le idee chiare, sapere ciò che si pensa e ciò che si vuole generando un forte senso di angoscia soprattutto per quei ragazzi che non sanno chi sono o cosa vogliono o che non possono ‘permettersi’ quello che desiderano (per ragioni economiche, o di carisma personale, o di capacità relazionali, o di inadeguatezza fisica o psicologica). Non riuscendo a gestire il senso di fallimento che deriva dal non essere all’altezza possono usare escamotages molto pericolosi nel tentativo di trovare una via d’uscita. La dipendenza da sostanze stupefacenti e alcool, ma anche dai picchi adrenalinici che si sprigionano durante attività pericolose, come pure molti comportamenti autolesivi e i disturbi alimentari, si strutturano spesso come modalità per governare questo senso di impotenza.
Che fare?
La soluzione salvifica è l’incontro con un adulto competente, un Maestro, un Modello ossia con chiunque coltivi ed esprima una forte passione per qualcosa, qualcuno con cui identificarsi e confrontarsi perché i ragazzi chiedono più relazione e meno valutazione: sono disposti anche ad accettare una valutazione severa se questa è erogata all’interno di una relazione.
Un adulto come testimone capace di mostrare , attraverso la testimonianza della propria vita, che la vita può avere un senso perché il grido dei giovani non è altro che una domanda d’amore, non di qualcosa, ma di segno del desiderio dell’Altro, domanda di presenza come medicina contro l’abbandono e l’indifferenza.

Dott.ssa Vania Munari
Psicologa
BIBLIOGRAFIA
Galimberti, U. (2007). L’ospite inquietante.Il nichilismo e I giovani. Milano:Serie Bianca Feltrinelli.
Pietropolli Charmet, G.(2000). I nuovi Adolescenti. Padri e madri di fronte ad una sfida. Milano:Raffaello Cortina.
Pietropolli Charmet, G.(2008) . Fragile e spavaldo. Ritratto dell’adolescente di oggi, Roma: Laterza.
Recalcati,M.( 2013). Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre. Milano: Serie Bianca Feltrinelli.